A cento anni dalla morte del papa S. Pio X : la sua figura, il suo ruolo nella Chiesa, nel mondo del suo tempo e nella nostra Calabria[1]

 

Era proprio il 20 agosto del 1914, all’una e un quarto di notte, quando il Papa Pio X, originario del veneto, si spegneva a Roma in Vaticano, con un grande dolore, quello di non essere stato in grado di fermare l’inizio della grande guerra (la prima guerra mondiale), le cui ostilità erano iniziate proprio ventidue giorni prima, alla fine del mese di luglio di quell’anno. “La guerra si avvicina - soleva ripetere in quei suoi ultimi giorni di vita – poveri figli miei ! Offro la mia vita. Milioni di uomini che muoiono. Io l’avrei voluto evitare, ma non ho potuto”. “L’ultima sua parola, scrive lo storico tedesco Enrico BrücK, fu l’esortazione alla preghiera; non gli restava altro per venire incontro agli inenarrabili dolori di suoi figli. All’ambasciatore austriaco che gli chiedeva la benedizione per gli eserciti della monarchia, rispose : “Io benedico non la guerra ma la pace”[2].

 

Siamo qui stasera, nella vostra Comunità parrocchiale dedicata al Papa S. Pio X, il giorno della sua festa liturgica (che fino al 1970 veniva celebrata il 3 settembre), a cento anni dalla sua morte e nell’anno in cui stiamo ricordando anche l’inizio della prima guerra mondiale. Ma in questo anno vogliamo fare memoria anche del 60mo anniversario della canonizzazione di Papa Pio X, avvenuta appunto il 29 maggio del 1954, mentre la beatificazione fu proclamata tre anni prima il 3 giugno del 1951, sempre da Papa Pio XII (la causa della sua beatificazione era iniziata nel febbraio del 1923).

 

Ringrazio il vostro solerte ed impegnato parroco Don Clemente Caruso e in lui tutta la Comunità per questo invito gradito, che ha richiesto anche a me in questi giorni di ripercorrere l’itinerario umano, ecclesiale e pastorale del grande ed indimenticabile pontefice S. Pio X. Sono contento anche perché ormai da tanti anni, vent’anni per la precisione, sono impegnato come docente e ancor prima come educatore nel nostro Seminario Regionale ed annesso Istituto Teologico calabro “S. Pio X” di Catanzaro, dove si è formato anche il vostro parroco, istituzione voluta e fondata appunto da Papa Pio X oltre cento anni fa, nel 1912.

 

La vostra parrocchia di Piragineti, fondata nel 1966 dall’ Arcivescovo di Rossano del tempo Mons. Giovanni Rizzo, fu affidata come anche le altre zone rurali gravitanti attorno a Rossano (Foresta, Mirto) ai Giuseppini del Murialdo, giunti in Diocesi negli anni ’50, perché voluti e chiamati da quell’infaticabile Arcivescovo di venerata memoria. Quali furono i motivi che spinsero l’ Arcivescovo Rizzo a dedicare al Papa S. Pio X la vostra Comunità? Possiamo, per il momento, avanzare solo qualche ipotesi e proporre qualche intuizione. La canonizzazione era avvenuta da oltre dieci anni (1954), Mons. Rizzo, che aveva già dedicato al Santo Pontefice nel 1950 l’ Istituto Magistrale, oggi Liceo delle Scienze umane “S. Pio X”, affidato alle cure premurose e competenti delle Teresiane, nutriva una grande devozione e venerazione verso Papa Sarto. Essendo egli nato nel 1890 a Montedoro, provincia di Caltanisetta, si era formato e aveva studiato proprio negli anni del pontificato di Pio X, ricevendo l’ordinazione sacerdotale due anni dopo la morte di Pio X, il 22 aprile 1916. Venuto a Rossano come Arcivescovo, il 19 marzo 1949, poté subito esprimere questa sua devozione ed amore verso il “suo” papa, istituendo l’Istituto Magistrale, intestato al suo nome e negli anni successivi (1966), dedicando anche la vostra Parrocchia al nome del papa veneto. Inoltre è da tenere presente che alcuni Giuseppini del Murialdo, tra cui il P. Ernesto Conte e il P. Riccardo Feletti, a cui fu affidata in seguito la cura pastorale della Parrocchia per lunghi anni, provenivano dal veneto e nutrivano anch’essi una spiccata devozione verso il papa Pio X, originario della loro regione. Altro non posso dire in merito, non avendo avuto la possibilità di consultare l’Archivio storico diocesano e quello parrocchiale di S. Giuseppe a Rossano stazione (parrocchia tenuta fin dall’origine dai Padri Giuseppini, ai quali ho anche chiesto nei giorni scorsi qualche notizia storica più precisa e dettagliata).

 

E comunque noi siamo qui, carissimi amici e fedeli della parrocchia per conoscere un po’ meglio questa figura, per farne grata memoria a cento anni dalla sua morte, per riproporla all’attenzione di tutti noi come modello di fede, di speranza e di carità, come “buon pastore” umile, caritatevole ed intrepido, posto da Dio a guidare la Chiesa universale in un periodo e in un contesto non certamente facili e per chiedere la sua intercessione per la vostra Comunità, per la nostra Chiesa diocesana, per la nostra terra di Calabria!

 

Chi era quest’uomo, questo pastore e vescovo della Chiesa di Roma, che stasera vogliamo ricordare? Non possiamo soffermarci, certo, su tutti gli aspetti della sua vita, della sua formazione sacerdotale, del suo ministero di parroco, vescovo, patriarca di Venezia e poi Papa, ma semplicemente sottolineare alcune fasi più importanti della sua vita, nel campo strettamente ecclesiale e pastorale ed anche in riferimento al suo rapporto con la nostra Calabria. Giuseppe Melchiorre Sarto - questo il suo integrale nome di battesimo - era nato a Riese (oggi si chiama Riese Pio X), in provincia di Treviso, il 2 giugno 1835 da una famiglia di umile condizione. I suoi genitori erano Giovanni Battista e Margherita Sanson, sposatisi due anni prima nel 1833. A tale proposito, come annota uno dei suo migliori biografi, Giampaolo Romanato “la famiglia era certamente modesta, ma non era in condizioni di indigenza, come invece ha sempre lasciato credere l’apologetica tradizionale su Pio X. L’abitazione, tuttora ben visibile nel centro di Riese, non fa pensare ad uno stato di povertà, soprattutto in rapporto alla situazione davvero miserabile della campagne venete del tempo. Lo stipendio e la questua del padre (un cursore, oggi diremmo un messo comunale), i proventi del podere, il mestiere della mamma sarta (anche se reso incerto dalla presenza degli otto figli) consentivano verosimilmente ai Sarto un’esistenza meno affannosa che alla maggior parte della gente del paese”[3] . Le difficoltà aumentarono quando nel 1852 morì il padre, mentre il Nostro si trovava già nel Seminario di Padova. Dopo i primi studi a Riese e poi a Castelfranco Veneto, affrontati con grande spirito di sacrificio ed impegno, poté infatti formarsi e studiare nell’ottimo Seminario di Padova, grazie ad una borsa di studio, che era a discrezione del cardinale di Venezia concedere a qualche chierico più bisognoso. In questo caso fu concessa dal Cardinale Patriarca di Venezia del tempo, Jacopo Monico (1778-1851), anche lui originario di Riese – non solo una fortunata coincidenza, ma può essere letto come un segno della Provvidenza - il quale era assistito da Angelo Sarto, fratello di suo padre, che svolgeva il compito di cameriere. Un influsso molto positivo ebbero su di lui i sacerdoti che operavano a Riese in quel tempo, due in particolare Don Tito Fusarini, parroco di Riese e Don Pietro Jacuzzi, cappellano della stessa comunità. Tutte le testimonianze circa il curriculum e gli studi di Giuseppe Sarto lo presentano, sia negli studi elementari che al ginnasio, come uno studente modello. Ed anche a Padova, per gli studi di umanità, di filosofia e teologia eccelleva tra i suoi compagni. In tutti gli anni in cui frequentò a Padova, il giudizio fu “eminente” in tutte le materie. Leggendo le varie pagelle si nota che tra i nomi dei primi sei del 1854, ad esempio, Sarto è sempre al primo posto, ad eccezione che in filosofia[4]. Qui a Padova lo troviamo anche responsabile dei suoi colleghi, come prefetto di camerata, chiamato quindi ad esprimere pure dei giudizi nei loro confronti. Fu ordinato sacerdote il 17 (18) settembre 1858 nel duomo di Castelfranco, dal vescovo di Treviso Mons. Giovanni Antonio Farina (vescovo beatificato da Giovanni Paolo II), all’età di ventitré anni, un anno prima dell’età canonica richiesta. E da questo momento in poi che iniziò il suo iter ministeriale che lo vedrà prima cappellano (v. parroco) a Tombolo, poi parroco a Salzano, in seguito cancelliere vescovile della curia vescovile di Treviso e canonico della Cattedrale, nonché Direttore spirituale del Seminario della Città. Nelle due Parrocchie di Tombolo e Salzano Sarto rimase in tutto diciassette anni e qui già si distinse per il suo impegno nella catechesi , nella predicazione, ma anche a livello sociale e caritativo, per elevare in tutti i sensi la situazione religiosa, culturale civile di queste popolazioni rurali delle campagne venete. Nella parrocchia di Tombolo fu accanto al parroco Don Antonio Costantini, cagionevole di salute e quindi bisognoso di aiuto. Questo sacerdote venne sempre considerato da Sarto, come suo maestro di vita e di apostolato. Dalle testimonianze delle sorelle, che furono sempre vicine a Don Sarto nel suo ministero pastorale, si apprese che il loro fratello don Giuseppe spesso si esercitava nella predicazione, a chiesa chiusa, mentre Don Antonio, seduto sui banchi ascoltava ed eventualmente correggeva[5]. E nel campo pastorale che il Don Giuseppe Sarto diede il meglio di se stesso e quando sarà richiamato a Treviso nel 1875, per incarichi di maggiore responsabilità, rivelerà sempre una certa nostalgia per il lavoro parrocchiale che lo poneva a diretto contatto con i fedeli. Ma anche il suo ruolo di curiale e il suo diuturno impegno in centro Diocesi devono essere ricordati, anche perché il maggior carico del lavoro di ufficio ed anche quello decisionale ricaddero proprio su di lui, dal momento che sia il vicario generale, uomo debole e schivo e sia il vescovo Federico Maria Zinelli, colpito da una grave malattia, l’apoplessia, non erano in grado di seguire la vita diocesana in modo adeguato[6]. E comunque queste diverse esperienze nel campo sia pastorale parrocchiale che di lavoro curiale, nonché la sua mansione di Direttore spirituale del Seminario trevigiano, gli furono molto utili allorché nel 1884 sarà nominato vescovo di Mantova, dove potrà entrare solo il 18 aprile 1885, dopo aver ricevuto il regio exequatur, cioè il permesso delle autorità civili. Egli aveva in quel momento quasi cinquant’anni d’età. La Diocesi di Mantova non si trovava in quel tempo in una situazione pastorale e sociale delle migliori e a tale proposito si è parlato di Diocesi “alla deriva”[7] . L’operato del vescovo Sarto, la sua azione pastorale e religiosa, ma anche sociale a tutti i livelli sono giudicati in modo positivo dagli storici. Tra l’altro è da ricordare che ripresero, in modo sensibile, le ordinazioni sacerdotali in Diocesi, dove erano quasi del tutto inesistenti. Anche se le difficoltà non mancarono - e nonostante i giudizi non sempre positivi dello stesso Sarto sulla religiosità del popolo mantovano - la valutazione del Papa Leone XIII e dei personaggi più in vista della Curia romana del tempo erano lusinghieri nei suoi confronti. Neanche dieci anni dopo, il 15 giugno 1893, Mons. Sarto riceveva la bolla di nomina a Patriarca di Venezia e quindi cardinale di Santa romana Chiesa. Non possiamo qui, per ragioni di tempo soffermarci sull’opera pastorale, religiosa e civile del Patriarca Sarto a Venezia, dove egli favorì – ammorbidendo un pò le rigide prescrizioni del Non expedit (“Non è opportuno” che i cattolici si impegnino in politica) - anche la collaborazione, in politica, dei cattolici con il liberali ed elevando il tenore del clero e della vita delle parrocchie. “Anche a Venezia, come in tutte le sedi precedenti, aveva dato il meglio di sé, scrive ancora il Romanato, con generosità, senza risparmio, manifestando una disponibilità totale”[8]. Nel conclave del 1903, infine, dopo che l’Austria tramite il Cardinale di Cracovia Puzyna espresse il suo veto per l’elezione del Cardinale Rampolla, Segretario di Stato del novantatreenne Leone XIII, morto il 20 luglio 1903, che era stato Papa per venticinque anni, precisamente il 4 agosto di quell’anno, venne eletto Papa il Card. Giuseppe Sarto, dopo molte sue esitazioni perché non si riteneva all’altezza di un compito così gravoso (“Sono incapace e indegno, dimenticatemi e aiutatemi”) e in un contesto drammatico sviluppatosi, appunto, durante il conclave. Tutti i cardinali respinsero e condannarono questa intromissione del potere imperiale nell’elezione del Papa e lo stesso Pio X in seguito emanò delle regole precise per l’elezione del pontefice e vietò ogni intromissione del potere secolare in essa. Ora in modo sintetico, occorre soffermarsi sull’opera di Giuseppe Sarto come Papa, tenendo presente, preliminarmente, ciò che si legge nel famoso manuale di Storia della Chiesa di Bihilmeyer-Tuechle : “A questo Papa (Leone XIII), dai vivi interessi politici, con l’elezione del 4 agosto 1903, ne succedette uno d’impronta prevalentemente religiosa e pastorale”. Nei suoi undici anni di pastore della Chiesa universale Papa Pio X fu fedele al suo motto, che costituì il suo programma pastorale : “Instaurare omnia in Christo”, cioè fondare e far convergere tutta l’opera pastorale della Chiesa nella persona di Cristo. A questo punto vorrei soffermarmi schematicamente su tre punti, in particolare, del suo vasto programma di riforma della Chiesa del suo tempo, per cui fu chiamato da alcuni storici “il più grande papa riformatore degli ultimi secoli”[9] : a) la sua opera nel campo della catechesi e della formazione con la redazione del Catechismo che porta il suo nome; b) il suo impegno per la liturgia e il canto sacro; c) la sua attenzione ad una formazione più adeguata del clero e quindi la fondazione dei Seminari regionali, specialmente nel centro - sud dell’Italia.

 

a)La sua opera di Vescovo della Chiesa di Roma va ricordata non solo per la riforma della Curia romana che non avveniva da secoli (dai tempi di Sisto V) e per aver avviato la redazione del Codice di Diritto canonico, ma per l’impegno a diffondere e spiegare la dottrina cristiana. In effetti tutti ricordano Papa Pio X, in specie i più adulti, per la redazione del catechismo che porta il suo nome (“Il catechismo di S. Pio X”). Fin dagli anni in cui era Parroco aveva redatto egli stesso un catechismo e durante l’episcopato a Mantova aveva lavorato perché si giungesse ad un catechismo unico, almeno per l’Italia. Da Vescovo di Roma approvò e prescrisse per la Diocesi di Roma un testo di dottrina cristiana nel 1905, che poi si diffuse in Italia e in tutto il mondo. Questo catechismo che porta il suo nome e giunto fino ai tempi del Concilio Vaticano II ed oltre (oggi in Italia ci sono i catechismi promulgati dalla CEI, oltre al Catechismo della Chiesa cattolica pubblicato da Giovanni Paolo II nel 1992) “è stato per molti una guida sicura nell’apprendere le verità della fede per il linguaggio semplice, chiaro e preciso e per l’efficacia espositiva”, scrive Papa Benedetto XVI, nella sua catechesi su S. Pio X, svolta il 19.08.2010, in occasione di un’udienza generale del mercoledì. L’enciclica Acerbo nimis dello stesso anno 1905 sottolineava, appunto, l’importanza dell’istruzione religiosa.

 

b) Inoltre non possiamo dimenticare il suo apporto per una maggiore partecipazione del popolo alla Liturgia e al canto sacro. Un grande liturgista bolognese, Enzo Lodi, scomparso da alcuni anni, osserva : “Si può dire che egli ha preparato la grande riforma liturgica del Concilio Vaticano II insistendo che i fedeli non pregassero nella Messa ma la Messa”[10]. E’ da attribuire a lui anche il rinnovamento della musica sacra e la promozione del canto tradizionale gregoriano (per cui diceva “Voglio che il popolo preghi nella bellezza”), contro gli abusi delle messe-concerto di stile piuttosto profano. Il primo provvedimento (Motu proprio “Tra le sollecitudini”), in questo campo della musica sacra è del 1903. Inoltre nel 1911 provvide alla riforma del breviario romano con la costituzione Divino afflatu (una pagina molto bella la leggiamo nell’ Ufficio di Letture della memoria odierna) e fu lui, ancora, a fondare nel 1909 il Pontificio Istituto biblico per il rinnovamento degli studi biblici e a promuovere la preparazione dell’edizione critica della Volgata di S. Girolamo (la cosiddetta neo-volgata). Fu Papa Pio X, inoltre, a raccomandare la comunione frequente dei fedeli contrariamente a quanto accadeva precedentemente, anche per l’influsso del pensiero dei giansenisti e nel 1910 con il famoso decreto Quam singulari estese la comunione eucaristica anche ai bambini, già nell’età di ragione, verso i sette anni.

 

c) Infine voglio sottolineare la sua attenzione alla formazione dei sacerdoti e quindi al problema dei Seminari. Dopo un’ accurata indagine, che rivelava la carenza della formazione nel campo spirituale e culturale, Papa Pio X promosse e favorì la riorganizzazione degli studi e della formazione del clero, pubblicando nuovi programmi di studio e di vita per i seminari. Ma noi vogliamo ricordarlo, in particolare, per l’istituzione dei Seminari regionali, in cui volle convogliare i seminaristi delle varie diocesi del centro-sud, che non potevano effettivamente assicurare una formazione spirituale e culturale di buon livello. A questo punto non possiamo dimenticare il grande Seminario regionale, da lui fondato e voluto per la nostra terra, che anche oggi sta a testimoniare l’interessamento e l’amore di papa Pio X per la Calabria. La scelta della città fu dello stesso Papa, il quale dinanzi alle incertezze e alla titubanze dei vescovi calabresi, chiese una carta geografica ed indicò il punto centrale dove doveva sorgere il grande Seminario : a Catanzaro appunto. Bisogna tenere presente che una benefattrice aveva già offerto un terreno a Villa San Giovanni (RC), ma la possibilità non fu presa in considerazione dal momento che pochi anni prima quella zona era stata sconvolta da un tremendo terremoto (il terremoto di Reggio e Messina del 1908), per cui si optò per una zona sicura e non solo centrale geograficamente. Per quanto riguarda la situazione delle città danneggiate bisogna anche accennare all’intervento diretto del Papa Pio X, il quale inviò a Reggio e Messina non solo consistenti aiuti, ma anche quale suo rappresentante, nonché vicario generale della Diocesi reggina, don Luigi Orione, fondatore dei Padri Orionini e futuro S. Luigi Orione. Alla morte di Pio X, si racconta, che fu trovata nel suo scrittoio una busta con questa intestazione “per i miei figliani della Calabria”, con dentro una bella somma per i fratelli terremotati. I lavori per il Seminario regionale di Catanzaro “primum inter regionalia”, in quanto a struttura specifica voluta dalla S. Sede, iniziarono nel 1910 e il Seminario fu aperto il 4 gennaio del 1912 con 43 alunni, ma inaugurato ufficialmente dal cardinale Gaetano De Lai, segretario della Congregazione Concistoriale (attuale Congregazione per i vescovi) con tutto l’episcopato calabrese solo il 4 giugno del 1914. Un monumento dedicato al grande benefattore della Calabria, il papa Pio X, in quell’occasione fu inaugurato ed innalzato a cura delle Diocesi calabresi, in segno di riconoscenza e gratitudine per il grande dono (alla base del monumento leggiamo: “Grati animo caussa Calabri”). Primo rettore fu Mons. Giorgio De Lucchi, anche lui veneto, conosciuto e molto stimato dallo stesso Pontefice, della Diocesi di Vicenza, canonico teologo e docente per molti anni nel Seminario di quella Diocesi. Purtroppo dopo più di un anno, il 10 aprile 1913, Mons. De Lucchi morì, lasciando sgomenti alunni, superiori e docenti del tempo. I suoi resti mortali sono custoditi, attualmente, nella Cappella maggiore dello stesso Seminario regionale “S. Pio X” di Catanzaro[11].

 

Non possiamo ulteriormente approfondire, in questa sede, il suo rapporto con il mondo politico italiano, persistendo ancora un contesto molto difficile dei rapporti tra stato e Chiesa, conseguenza dell’occupazione di Roma nel 1870. Ma non possiamo neanche qui soffermarci sul rapporto tra S. Sede ed alcuni stati in particolare, come la Francia e il Portogallo, che approvarono, sotto il pontificato di Pio X, delle legislazioni contrarie alla Chiesa, favorendo un regime di separazione tra Chiesa e stato e confiscando i beni della Chiesa. Specialmente in ordine al rapporto con il mondo moderno ed in riferimento alla corrente o al movimento del cosiddetto “modernismo” , possiamo fare solo qualche accenno. Il papa Pio X, preoccupato prima di tutto di difendere la fede cattolica da alcuni errori e tendenze, che si manifestarono in ambito teologico già alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX, “intervenne con decisione, condannando questo movimento, “per difendere i fedeli da concezioni erronee e promuovere un approfondimento scientifico della Rivelazione, in consonanza con la tradizione della Chiesa”, sono ancora le parole di Papa Benedetto nella sua catechesi su S. Pio X. Non mancarono, in questa fase di difesa e di attacco nel contempo, momenti e aspetti di intransigenza, specialmente a causa di uomini e collaboratori del Papa, troppo zelanti e sospettosi, che vedevano dovunque dei nemici della Chiesa. Ma il giudizio sul modernismo e sull’azione di Papa Pio X non è così facile da emettere, secondo gli storici più accreditati, come ad esempio un maestro di Storia della Chiesa dell’ università Gregoriana di Roma, P. Giacomo Martina, di venerata memoria, il quale scrive : “I drastici interventi di Pio X stroncarono rapidamente le tendenze razionalistiche e immanentistiche che minacciavano il carattere soprannaturale del cattolicesimo, e fra gli apologisti del papato è divenuto quasi un luogo comune opporre, per meglio esaltarla, la fermezza e la prontezza di Pio X all’irresolutezza e alle lunghe esitazioni dei papi del Cinquecento. Ci si può tuttavia chiedere se il pericolo fosse così grave come apparve nell’eccitazione del momento, anche per l’abile tattica dei modernisti e l’ampio uso dell’anonimato, o se la curia romana non abbia sopravvalutato le forze degli avversari, non abbia colpito indistintamente, presa dal panico, chi difendeva tesi eterodosse, chi aveva semplici rapporti personali con gli autori più incriminati, chi infine senza mettere in discussione nemmeno lontanamente le basi della fede, cercava esaurientemente di rispondere ai problemi posti dalla critica contemporanea, di cui non si potevano semplicisticamente ignorare le difficoltà, e chi riprendeva i vecchi temi della maturità del laicato e di una purificazione della Chiesa”[12]. In Papa Pio X prevalse, prima di tutto, la preoccupazione di difendere la fede dei semplici e dei piccoli non solo di età, ma in senso evangelico. E l’amore verso i piccoli proveniva anche dal suo spirito di povertà, che caratterizzò tutta la sua vita da quando era parroco fino a quando fu chiamato al pontificato, per cui egli potè scrivere nel suo testamento : “Sono nato povero, ho vissuto da povero, desidero morire da povero”. “L’attualità di queste parole fanno superare ogni possibile riserva di certi atteggiamenti integristici che vanno riletti nel contesto storico di quel difficile momento socio-religioso – afferma acutamente Enzo Lodi - ; in San Pio X prevaleva l’intenzione del rinnovamento interno della Chiesa”[13].

 

L’insegnamento che noi e che, in specie, la vostra comunità parrocchiale, dedicata a questo Papa santo, può oggi raccogliere è che alla base della nostra azione apostolica, nei vari campi in cui operiamo, “ci deve essere sempre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno … - sono ancora parole di Papa Benedetto XVI – Solo se siamo innamorati del Signore, saremo capaci di portare gli uomini a Dio ed aprirli al suo amore misericordioso, e così aprire il mondo alla misericordia di Dio”. Sembra quasi di riascoltare, nella parole di papa Benedetto, l’attuale Papa Francesco, che della misericordia ha fatto quasi l’emblema del suo ministero apostolico di vescovo di Roma. Come San Pio X anche Papa Francesco, oggi, ci invita in modo pressante ed intenso a pregare perché sia scongiurata “l’inutile strage” delle tante guerre in corso, al fine di evitare un’altra guerra mondiale o globale, che vedrebbe sparire per sempre una parte o gran parte dell’attuale mondo, almeno così come lo conosciamo…

 

Ciò che io vi auguro di vero cuore e per cui prego, carissimi fratelli e sorelle di Piragineti, che siete in festa per il vostro patrono il papa S. Pio X, è che sull’esempio di questo grande Pastore della Chiesa possiate vivere la vostra vita come un dono di amore a Cristo e ai fratelli ed essere così un piccolo, ma significativo segno della misericordia e della tenerezza di Dio Padre !

                                                                                                                                Prof. D. Giuseppe De Simone

 



[1] Conferenza-conversazione tenuta il 21 agosto 2014 nella Parrocchia “S. Pio X” di Piragineti-Rossano, in occasione del Convegno organizzato per ricordare il centenario della morte di S. Pio, patrono della Comunità parrocchiale.

 

[2] E. BRÜCK, Storia della Chiesa, Società editrice S. Alessandro, Bergamo 1948, p. 416.

 

[3] G. ROMANATO, Pio X, La vita di papa Sarto, Rusconi, Milano 1992, pp. 23-24.

 

[4] Cfr. A. M. DIEGUEZ – D. NORDIO – R. AMBROSI, Pio X, un Papa veneto, Comune di Riese 2007, pp. 14-15.

 

[5] Cfr. A. M. DIEGUEZ – D. NORDIO – R. AMBROSI, Pio X, un Papa veneto, cit., p. 19.

 

[6] Cfr. G. ROMANATO, cit., pp. 116-117.

 

[7] Così titola Romanato il V capitolo del suo volume (cfr. pp. 145-186.

 

[8] G. ROMANATO, cit. , p. 217.

 

[9] Cfr. P. LEVILLAIN (diretto da), Dizionario storico del Papato I-Z, Bompiani, Milano 1996, p. 1164.

 

[10] E. LODI, I Santi del calendario romano, Pregare con i Santi nella Liturgia, Edizioni paoline, Cinisello B. (MI) 1990, p. 378.

 

[11] Si può vedere il mio ultimo saggio : G. DE SIMONE, Il primo Rettore del Seminario “Pio X” : Mons. Giorgio de Lucchi a cento anni dalla sua morte (1913-2013), in Vivarium 21ns (2013) 37-52.

 

[12] G. MARTINA, La Chiesa nell’età del totalitarismo, 4, Morcelliana, Brescia 1979 (quarta edizione), pp. 77-78.

 

[13] E. LODI, cit., p. 379.


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